PER COMPRENDERE LE ORIGINI DELLE MIE REAZIONI: come mai sono così, che mi succede?

L’Alta sensibilità è un tratto della personalità innato, a base genetica, recessivo (presente nel 15-30% della popolazione, in base al luogo preso in esame), indipendente (non è equivalente a caratteristiche come l’inibizione, l’introversione, il nevroticismo, l’emotività… che ad esso, però, possono essere correlate) e non ha carattere diagnostico, poiché non è una patologia. Anzi, avendo una base biologica, è una caratteristica che condividiamo con più di 100 specie animali!
È di per sé un tratto neutro, sviluppatosi come particolare strategia evolutiva di sopravvivenza della specie, (svolge una funzione precisa all’interno del gruppo sociale) che comprende un differente processamento sensoriale. Il nome scientifico dell’Alta sensibilità è infatti SENSIBILITÀ DI PROCESSAMENTO SENSORIALE (SPS) e forse aiuta a discostarsi dall’aspetto puramente emotivo che il nome comune può portare a fraintendere. Il cervello di una persona con questo tratto ha un funzionamento diverso su più livelli. L’Alta sensibilità si può dunque definire una forma di neuro diversità.
Vi sono diversi fattori che contribuiscono a formare il tratto: fisiologici, genetici e comportamentali ma è l’influsso con l’ambiente a determinare l’esprimersi o meno di queste caratteristiche nella persona.
Fattori comportamentali
Elaine Aron, nel 2011, ha riassunto le caratteristiche principali di questo tratto nell’acronimo D.O.E.S..
D (DEPTH) indica la profondità di processamento. Le HSP (Highly Sensitive Person), involontariamente, sottopongono ogni stimolo a una elaborazione più profonda, sia a livello numerico (vengono percepiti più dettagli) sia per quanto riguarda la capacità di correlazione (ovvero creando associazioni mentali) a seguito di una maggiore attività cerebrale in almeno 13 aree. Una di queste è l’insula (definita da alcuni studiosi l’area della coscienza), che è all’origine della consapevolezza. È qui che l’emozione provata acquista un significato, che vengono colti i propri stati interiori o la posizione occupata dal corpo nello spazio.
Arrivando in quest’area un maggior afflusso di sangue, le persone altamente sensibili (PAS in italiano) sono, naturalmente, più portate ad essere consapevoli di ciò che accade dentro e fuori di loro.
O (OVERSTIMULATION) rappresenta la sovrastimolazione alla quale si è più facilmente soggetti e rispetto alla quale si impiega più tempo per ripristinare una soglia adeguata di stimolazione.
È la caratteristica più legata all’importanza di imparare a gestire il proprio tratto, poiché gli stimoli che contribuiscono a stressare l’organismo non sono solo sensoriali ma soprattutto emotivi. A questo proposito è bene ricordare che le situazioni emotivamente difficili contribuiscono a creare sovraccarico tanto quanto quelle positive e che un eccesso di stimolazione si trova non solo nel fare troppo ma anche nel fare troppo poco. Entrambe queste situazioni portano a un punto di rottura chiamato inibizione transmarginale.
Bisogna imparare a stare nella soglia adeguata di attivazione per noi.
E (EMPHASIS e EMPATHY) riguarda l’enfasi delle nostre reazioni emotive e l’empatia spiccatamente presente. Attraverso la risonanza magnetica funzionale è stata riscontrata una maggiore attivazione nel sistema dei neuroni specchio, implicati nella capacità di “provare empatia per l’altro”. Essi si attivano non solo per esperienza diretta ma anche per esperienza indiretta, poiché il cervello non fa distinzione tra vissuto e immaginato.
È interessante prendere in considerazione gli studi che hanno associato, agli stessi circuiti neuronali che regolano l’empatia, anche la percezione del dolore. Secondo questa scoperta quando si assiste al dolore altrui si attivano anche i circuiti cerebrali che modulano la sensibilità al dolore provato in prima persona e questo spiegherebbe l’intollerabilità di molti HSP alla vista di immagini violente e\o dolorose.
S (SUBTLETIES) sta per sensibilità ai dettagli. Nelle persone altamente sensibili vi è un funzionamento maggiore dell’emisfero cerebrale destro, più portato alla creatività, al pensiero globale, all’intuito e a prediligere l’informazione sensoriale. La maggior percezione dei dettagli sottili dell’ambiente e delle relazioni sociali è alla base dell’esperienza di sovrastimolazione, ma anche della maggiore abilità di interagire con l’ambiente (interno ed esterno) producendo risposte più adattive.
“Nel riconoscere ciò che gli altri non vedono o negano, siete destinati a sviluppare un’interezza o una completezza assolutamente necessaria alla coscienza umana”, Elaine Aron.
Ovviamente queste caratteristiche si esprimono in ciascuna persona in maniera unica e differente, soprattutto nell’interazione con gli altri fattori della personalità (a cominciare dalla distinzione tra HSP introverse o estroverse) e a tutto ciò che compone l’epigenetica: stile di attaccamento, area geografica, eventi critici o traumatici, cultura di appartenenza, percorso scolastico, possibilità economiche… tutte realtà che hanno determinato la propria storia personale.
Fattori genetici
Vi sono alcune varianti genetiche che hanno comprovato essere attinenti al tratto dell’Alta sensibilità: il Gene 5 –HTTLPR, trasportatore della serotonina (modulazione dell’umore) e il Gene D4, recettore di dopamina (processi attentivi, motivazionali e di ricompensa). Gli ultimi studi effettuati hanno riscontrato una funzionalità diversa anche nel recettore legato alla noradrenalina (all’origine della maggior intensità percettiva, lo stato di allerta che rende la persona altamente sensibile più suscettibile alle situazioni) e la neurolisina (sostanza implicata nel metabolismo del glucosio).
La presenza di un livello di serotonina più basso potrebbe essere visto solo come uno svantaggio ma in realtà è ciò che permette di avere una sensibilità maggiore ai dettagli interni ed esterni a noi, quindi: una migliore capacità decisionale, una memoria rafforzata, maggiore intuitività e una salute cerebrale in generale più salda.
Aree cerebrali maggiormente influenzate dal tratto
Studiando la relazione della dopamina con il cervello di un HSP, gli studiosi hanno potuto rilevare le aree cerebrali maggiormente influenzate da questa caratteristica della personalità. Esse sono: la sensibilità alla ricompensa, la cognizione sociale, la risposta allo stress e i processi attentivi.
La sensibilità alla ricompensa e la cognizione sociale sono legate alla capacità (spesso inconscia) di rilevare i dettagli sottili, impalpabili, dell’ambiente nel quale si è immersi e di creare con questi una propria mappatura sociale.
Un possibile fattore di rischio è che la particolarità con la quale viene rilasciata la dopamina (sostanza che porta benessere) nelle situazioni di approvazione ricevuta dagli altri, guidi le azioni della persona in quella direzione, sottomettendo i propri bisogni a quelli altrui (siamo fisicamente dipendenti dall’approvazione altrui).
I processi attentivi sono il fulcro del funzionamento diverso della nostra elaborazione cognitiva, se vuoi approfondire ne ho parlato qui. Importante è sottolineare come l’attenzione dipenda dal livello di attivazione dell’organismo (arousal). Ovvero: se siamo emotivamente in allerta non riusciamo a prestare attenzione.
In base all’intensità dello stimolo e quanto siamo in arousal noi selezioniamo quanto stare in attenzione, ed è il motivo percui ci accade di piombare in una sorta di apatia, stato nel quale avviene un ritiro in noi per difenderci dagli stimoli, vissuti come un attacco.
Fattori fisiologici
Sistema “Pause-to-check”
Alcune ricerche asseriscono che vi siano due sistemi nel cervello che regolano la motivazione: il sistema di “attivazione comportamentale”, che facilita la spinta dell’individuo dentro la realtà, portandolo a muoversi verso le cose con audacia e impulsività e il sistema di “inibizione comportamentale” (nome cambiato da Elaine Aron in “pause-to-check” -prendere una pausa per controllare- in modo da riscattarlo dalla connotazione negativa). Quest’ultimo si avvale di un momento di ritiro per confrontare la situazione presente con ciò che ha già sperimentato, proponendo delle ipotesi sul futuro. Se non vi è stata già una situazione analoga, il sistema prende il tempo necessario per comprendere le nuove circostanze.
L’equilibrio tra i due sistemi determina la buona soglia di attivazione per la persona.
Il cervello delle HSP ha un sistema di pause-to-check più operoso rispetto all’altro ma vi sono persone altamente sensibili che, nonostante il sistema pause-to-check maggiormente attivo, sentono fortemente anche la spinta del “sistema di attivazione”; nel concreto tenderanno quindi ad annoiarsi e a provare irrequietezza e frustrazione se rimangono troppo nella fase di “sospensione attiva”.
Questo perché la sovrastimolazione può accadere non solo nel troppo ma anche nel troppo poco.
L’Alta sensibilità non è un fattore di rischio o protezione a prescindere ma amplia la forbice: dimostra di avere i risultati peggiori nelle situazioni avverse e i risultati migliori nelle condizioni favorevoli. Diventa però un vantaggio rispetto all’esposizione alle risorse positive o nell’intraprendere percorsi di recupero, sviluppando resilienza.
Aree di maggior criticità (anche in famiglia)
L’orientamento all’esterno: cogliendo in modo più profondo i bisogni e le aspettative degli altri, le persone altamente sensibili, spesso, sono cresciute assumendosi inconsciamente il compito di creare e gestire il clima emotivo di un ambiente, anticipando il benessere degli altri al loro. La conseguenza è il rischio di non prendersi cura di sé. Spesso, questa predisposizione, rende la persona tesa, perché sente costantemente di dover mediare e gestire tutto, forzando i propri limiti. Si arriva ad esaurire tutta l’energia ritrovandosi, spesso senza aver capito come, al punto di rottura.
Il sovraccarico: come abbiamo visto, il vero antagonista dell’Alta sensibilità è la sovrastimolazione. Un HSP è perennemente stimolato da tutto ed è stato così dall’inizio dei suoi giorni (motivo per cui ha anche sviluppato una grande resilienza, il suo corpo è abituato a gestire un più alto numero di stress). Questo conduce al dispendio di una grandissima quantità di energia e a raggiungere il crollo più velocemente, mettendoci anche più tempo a recuperare.
Stabilire i confini: l’altra faccia dell’estrema empatia è il contagio emotivo. Spesso, le persone altamente sensibili sono anche altamente permeabili, tutto sembra invaderle, tanto da aver bisogno a volte di “mettere spazio” per capire se l’emozione provata sia propria o sia stata assorbita dall’esterno. Questo è molto visibile anche nei bambini che hanno bisogno di aiuto e supporto per ricentrarsi in ciò che provano e capire se stanno esplicitando le emozioni di qualcun altro.
Le invasioni di confine: riguardando proprio le eccessive richieste dell’esterno e l’incapacità a dire di no, a tutelare la propria persona, a scegliere innanzitutto se stessi invece che l’altro, a conoscere i propri limiti.
Evitare il conflitto: quando un confine viene superato si entra nel conflitto, situazione che manda in crisi una PAS. Se non si lavora sulla propria capacità di gestire in modo assertivo un conflitto, si rischierà di incorrere in una delle due possibili conseguenze:
- perdere se stesso, andando incontro a un iperadattamento alla situazione,
oppure
- perdere l’altro, perché l’esposizione prolungata a una situazione di disagio fa scattare in noi un’improvvisa risposta aggressiva e impulsiva. (Molto spesso questo avviene in famiglia, luogo ritenuto sicuro).
L’ultimo punto da guardare riguarda l’influenza dei modelli culturali sulla percezione dell’Alta sensibilità: modelli che, inconsciamente, sono stati assimilati dalla persona altamente sensibile e, per questo, hanno contribuito a creare l’immagine che essa ha su ciò che sente ed è.
Il codice standard ha aspettative culturali che rispecchiano una chiave di valori che non è quella di un HSP. In esso spicca al primo posto il fare, poi l’avere e in ultimo l’essere.
Per una persona altamente sensibile è “l’essere” a trovarsi al primo posto. C’è un’inarrestabile spinta interiore (quasi spirituale) a seguire ciò che si è, che, se non ascoltata, si esprimerà attraverso il corpo, in somatizzazioni. Spesso ciò che viene avvertito come “giusto per sé”, entra in dissonanza con la grande pressione esercitata dall’esterno e questo porta a un tentativo di adeguamento a quello che la società reputa più importante. Da questa disarmonia deriva una profonda frustrazione nel campo della vocazione, personale e lavorativa.
Nella felicità di una persona altamente sensibile c’è la ricerca di presenza in ciò che si fa, c’è la volontà di trovare se stessi dentro i progetti a cui viene donato il proprio tempo, c’è il bisogno di consistenza, di appartenenza, di rispecchiamento della propria vera, autentica, natura. C’è la struggente volontà di trovare il proprio spazio nel mondo, di tornare ad essere ciò che si è sempre stati.

Poiché l’Alta sensibilità è ciò che ti costituisce, che definisce la tua autenticità, se la escludi, se vivi come se non ti determinasse, rimani fuori da te stesso.
Legittima la tua natura, legittima i tuoi bisogni, trovando strategie che possano delimitare i tuoi confini e preservare i tuoi limiti, in questo modo ti prenderai cura di te (e cosa c’è di più bello da insegnare ai propri figli?).
La mia missione è aiutarti a far diventare questo tratto di personalità il centro del tuo equilibrio!