Bambini HSP e guerra

In questi giorni mi sono domandata molto se parlare della guerra a mia figlia di quattro anni, anche lei altamente sensibile come me, e in che modo farlo. Generalmente, la mia condotta è quella di non anticipare le domande dei bambini ma, in questo caso, penso sia importante considerare quelle che sono le peculiarità dei bambini altamente sensibili.

Immagine tratta dal libro “Quando ero nella pancia della mamma” di Akira Ikegawa; Cairo Editore

Le caratteristiche dell’Alta sensibilità

L’Alta sensibilità modera l’influenza ambientale e amplifica il vissuto, sia in positivo che in negativo, attraverso quella che è la prima caratteristica dell’Alta sensibilità: il differente processamento delle informazioni.

Questo avviene in due sensi: uno quantitativo (per cui le PAS sono esposte a molti più dati rispetto a chi non possiede questo tratto) e uno qualitativo (ovvero questi dati sono anche maggiormente differenziati). È come un’immagine che solitamente arriva pixelata, ma che alle persone (e ai bambini) altamente sensibili arriva invece in alta definizione.

I nostri bambini altamente sensibili si trovano quindi a dover processare non solo innumerevoli stimoli in più, ma anche ad un livello di qualità più alto, perchè arrivano loro tutte le informazioni contestuali: messaggi nascosti, stati d’animo, incongruenze e così via (dalle quali si determina, per esempio, la capacità di “leggere” le situazioni ambientali attorno a loro).

Dover processare tutte queste informazioni è un’incombenza molto grossa a livello di sistema nervoso che può portare a un sovraccarico, proprio come succede a noi adulti. Le modalità con le quali questa condizione psicofisica si manifesta è diversa nelle persone introverse o estroverse ma ugualmente non viene compresa se manca una conoscenza del tratto dell’Alta sensibilità.

L’intuizione dei bambini

In questa situazione particolare che stiamo attraversando c’è da tener conto di un secondo aspetto: nelle persone altamente sensibili le aree cerebrali preposte alla cognizione sociale funzionano diversamente rispetto a chi non possiede questo tratto.

La cognizione sociale riguarda tutti i dettagli sottili di un ambiente e delle relazioni: ad esempio la capacità di accorgersi dei non detti, del linguaggio non verbale, cogliere i messaggi impliciti e il tipo di relazioni fra le persone e, assieme all’attenzione differenziata che abbiamo (ne ho parlato qui), porta a creare connessioni di pensiero, esperienze e dati già presenti in memoria.

Tutto questo genera l’alto livello di intuizione delle persone altamente sensibili.

In questi giorni, volenti o meno, i bambini sentono parlare di ciò che sta succedendo e notano ovunque uno stato d’animo preoccupato. I bambini altamente sensibili quindi colgono le incongruenze tra ciò che diciamo e ciò che veramente viviamo ed elaborano, anche emotivamente, gli stimoli percepiti.

Come amplificheranno questo vissuto- in positivo o in negativo- deriverà dalla nostra capacità adulta di accompagnarli.

Affrontare argomenti ed emozioni

Per tutte queste considerazioni ritengo che la cosa migliore sia parlare di quello che sta accadendo, tenendo ovviamente conto dell’età del bambino e delle sue predisposizioni.

Per poterlo fare senza creare un ulteriore strato di sovraccarico e di inquietudine (col rischio di generare paure nei bambini) è importante aver già fatto noi adulti un grande lavoro sul nostro vissuto emotivo.

I bambini hanno bisogno di aiuto nel gestire la loro sovrastimolazione e questo si ottiene donando loro strategie di regolazione emotiva. Dobbiamo essere noi per primi degli adulti capaci di contenere e stare dentro il nostro vissuto.

Alcuni consigli per parlare di guerra ai bambini

È perciò importante parlargliene, perché i bambini intuiscono che c’è qualcosa che non va, ma se non viene loro esplicitato cosa, non hanno da soli gli strumenti per capire cosa stia accadendo e cosa gli si prospetta. Tutto questo diventa un sovraccarico enorme.

  • Parliamo noi stessi di come stiamo e di ciò che succede, dando in questo modo un riscontro a quello che intuiscono. In questo senso è meglio dire loro la verità.
  • Spieghiamo che siamo preoccupati e il motivo dietro al nostro stato d’animo usando parole e contenuti adeguati all’età.
  • Meglio parlarne soprattutto ai bambini che vanno già a scuola, prima che si avvicinino ad informazioni prese da altri ambiti, in modo da fornire loro uno spazio sicuro di confronto. Se sono bambini in età scolare o prescolare (sui 4 o 5 anni), e a seconda dell’indole di ognuno, possiamo ad esempio pensare di usare un mappamondo per far vedere dove stanno avvenendo gli eventi che ci preoccupano.
  • Non avere fretta di risolvere i loro stati emotivi e quello che potrebbe venirne fuori – ossia le loro paure e le loro domande. Cercare anzi di starci insieme in maniera assertiva e questo è possibile se ci siamo presi cura di quello che sentiamo.
  • Nel momento in cui sono consapevole di quello che provo e mi sono assunto la responsabilità di farci fronte, ho creato dentro di me uno spazio “pulito” dove accogliere le emozioni del mio bambino senza fare da cassa di risonanza alle stesse. Questo passaggio di consapevolezza e responsabilità è essenziale perché, proprio per la loro intuitività, i bambini altamente sensibili (ma, anche se meno, tutti i bambini) si accorgono se le loro emozioni sono scomode per il genitore e la risposta a questo nell’infanzia è sempre protettiva verso le persone da cui dipendiamo. Quindi il bambino eviterà di esternare ciò che sente, si priverà della sua voce interiore e a lungo andare questa condizione, se non curata, porterà a delle conseguenze psicofisiche devastanti.
  • Il suggerimento è quindi di lavorare molto su di noi, sulla nostra emotività e gestione del sovraccarico. Evitando l’esposizione a telegiornali, immagini e storie emotive, in modo da aver cura di quello spazio sacro dentro di noi per accogliere il nostro e il loro vissuto.

Un esempio da evitare nel parlare di guerra ai bambini

In questi giorni diversi pedagogisti stanno proponendo dei contenuti a tema “Come parlare della guerra ai bambini”. È una cosa sempre molto utile, ma ho notato che in alcuni casi voler semplificare questo argomento per riportarlo su un piano comprensibile ai bambini, a qualcosa che loro possono riconoscere, ha condotto a mettere in relazione la guerra con i litigi tra bambini.

In questo passaggio vedo un grande rischio, probabilmente un po’ sottovalutato: perché

se parliamo ad un bambino della guerra con tono accusatorio e trasmettendo il messaggio che “la guerra è sbagliata e porta dolore”, ma poi la paragoniamo ai suoi litigi, nella sua mente creiamo una connessione tra le due realtà.

Mentre invece il litigio nei bambini è positivo e fonte di apprendimento, se accompagnato e gestito in una modalità funzionale. Ovvero

se l’adulto si pone come guida imparziale dentro la disputa, abbandonando il ruolo di giudice e la ricerca del colpevole, può dare voce alle emozioni provate dalle due parti, mettendosi nei panni di ciascun bambino e provando a immaginare il loro vissuto interiore. In questo modo la situazione viene descritta in maniera oggettiva, lasciando fuori il giudizio (così com’è nella Comunicazione Nonviolenta) e i bambini, liberati dal senso di colpa e dalla vergogna, possono imparare:

  • a dare un nome a ciò che sentono- riconoscendolo nella prossima occasione,
  • a scoprire che anche l’altro prova dei sentimenti,
  • a conoscere i propri limiti e valore nei contesti sociali,
  • a rispettare i confini dell’altro (e gli eventuali “no”),
  • a interiorizzare l’esperienza della parola come soluzione in un conflitto, sostituendola via via all’uso istintivo del corpo.

Noi adulti siamo terrorizzati dalla discordia, tra di noi e nei bambini e spesso siamo cresciuti con l’incapacità di gestire un conflitto in maniera serena e assertiva. Per questo motivo c’è talvolta bisogno di rieducarci a stare nello scontro in una maniera sana.

Dovremmo perciò evitare di creare questo messaggio sbagliato nella testa dei bambini. Ecco un articolo in cui questo concetto viene espresso meglio: spero possa essere utile per capire la perplessità che ho avuto in questi giorni sul possibile modo di parlare di guerra ai più piccoli.

Un’ultima cosa: diamo fiducia ai nostri bambini. Perché se siamo capaci di accompagnarli nel modo più funzionale a loro, sapranno dimostrarci un’enorme capacità di comprensione, di resilienza e grandi risorse interne, stupendoci!

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